Ven. Apr 19th, 2024

Lunedì 10 ottobre a Napoli, nella elegante cornice di Palazzo Caracciolo, dopo qualche anno di assenza  sono tornati i vertici del Consorzio di Tutela del Chianti Classico con la manifestazione Chianti Classico Collection, preceduta da una approfondita masterclass “Le diverse sfumature del Gallo Nero” riservata a stampa ed operatori. Il palazzo dedicato all’ammiraglio partenopeo è stata splendida e giusta location per ospitare una delle ammiraglie del Made in Italy, non solo del vino. 

Per chi è profano o sta muovendo i primi passi nella cultura enologica del paese è sempre utile ribadire che: Chianti Classico è prodotto all’interno della zona storica del Chianti, mentre il vino Chianti è prodotto al di fuori dei confini di tale area. Il Gallo Nero è il simbolo del Chianti Classico, contrassegnando quei borghi tra sud Firenze e Nord Siena dal Medioevo. Dove c’è il Gallo Nero su una etichetta è Chianti Classico Docg. Se c’è scritto Chianti ma non c’è Gallo Nero è Chianti doc di altre zone di Toscana.

Un utile appuntamento, sotto la guida del presidente del consorzio Giovanni Manetti con l’ausilio di Paolo De Cristofaro, che ha permesso di indagare l’ultimo ambizioso progetto di una delle ammiraglie del Made in Italy nel mondo. Si tratta delle undici Unità Geografiche Aggiuntive del Chianti Classico (potrebbero aumentare nei prossimi anni) che saranno in grado di far meglio discernere al consumatore consapevole le sfumature territoriali intese come asse di omogeneità di zone diverse. Si tratta di un concetto ben diverso, si badi bene, dalle sottozone ( queste sono caratterizzate da disciplinari, mentre le UGA sono solo delimitazioni territoriali). Dalle Uga derivano delle etichette Gran Selezione che abbiamo degustato per ognuna delle 11 zone. La tipologia Gran Selezione significa che abbiamo di fronte un vino prodotto da vigna singola o da selezione delle migliori uve esclusivamente di proprietà aziendale e caratteristiche organolettiche e di invecchiamento di assoluta eccellenza.

Si attendono ora che tutte le autorizzazioni ministeriali vadano al punto giusto anche per delimitare un utilizzo dei vitigni internazionali, permessi al 20 % nel disciplinare Chianti Classico Docg ma che nelle Gran Selezione delle Uga non saranno approvati. In etichetta c’è il nome delle aree, rafforzando un binomio vino-territorio già saldo e che si avvia a combattere anche la battaglia per il meritato riconoscimento Patrimonio Unesco che vede al centro la storia del territorio tra Firenze e Siena, ricco anche di castelli e fattorie storicamente intrecciati con cultura vitivinicola da oltre 300 anni. Uno spazio importante il Gallo Nero lo riserva ai piccoli vitigni autoctoni come ad esempio il canaiolo, ammessi nelle Uga; in definitiva il Sangiovese del presente e  del futuro di queste zone non ha bisogno di alcun “aiuto” da parte dei vari merlot, syrah etc… Le Uga rispondono a nomi conosciutissimi  nel mondo della passione vitivinicola mondiale come Castellina, Radda, Greve, Gaiole, Castelnuovo Berardenga, ma anche meno noti, forse, al grande pubblico come Lamole, San Casciano, Montefiorelle, San Donato in Poggio, Vagliagli, Panzano. Riconoscibilità enologica e driver territoriale al centro dell’azione consortile contraddistinta da elevatissima professionalità, un modus operandi esempio per il mondo dell’agroalimentare italiano d’eccellenza, spesso organizzativamente non sempre all’altezza del prodotto e dei produttori. La docg Chianti Classico ha marcato spesso una differenza con molti consorzi del vino in Italia, dando la priorità alla salvaguardia ambientale e traguardando la percentuale di 52% di produzione biologica, con una maniacale cura delle rese, delle superfici vitate, in una sfida ultradecennale che vede le aziende intimamente connesse allo splendore dei boschi in un areale tra i più pregiati d’Italia. Una sfida vinta con un processo lungo e partecipato per arrivare alle Uga che causerà nel consumatore un ulteriore motivo di scoperta e piacere e sarà capace di interessare sempre più ammiratori del “ChiantiShire”, non per moda, ma per il senso di valore nel tempo. Nella degustazione le differenze tra le zone sono piacevoli ed intriganti sfumature, un approfondimento di geologia necessario ci aiuta a comprendere le differenze di acidità e l’indagine sui  materiali di affinamento, dalla tradizionale rovere all’ardimentoso cemento, ci donano appassionanti differenze nelle strutture tanniche. Il Sangiovese è ovvio Re dei Rossi italici ed è al centro di tutto in questa area di Toscana ma non è il solo player del consorzio che ha riscoperto spazi per la promozione anche del Vin Santo di questa terra, protagonista anch’esso, insieme ad una superba scelta dei grandi rossi del consorzio serviti da Ais Napoli, del gustoso brunch che ha visto le fusion tra Napoli e Toscana ad opera di Chef Paolo Gramaglia. Abbiamo apprezzato lo Scarpariello con spaghetto trafilato in bronzo, aglione, pomodorino e Pecorino Toscano dop, la Guancetta di Vitello cotta nel Chianti Classico con friariello e polenta, la Zeppola di San Giuseppe è stata abbinamento al Vin Santo ovviamente. Nelle attività consortili non manca anche la tutela dell’Olio Dop a marchio Gallo Nero. Il Consorzio ha voluto omaggiare Napoli per i suoi buoni consumi nella ristorazione dell’eccellenza e tra gli amatori ma anche per sposare il progetto verso l’Unesco. E’ stato anche annunciato, nell’evento, l’incontro con il Sindaco di Napoli che, con il suo Centro Storico Patrimonio Unesco potrà essere un buon viatico per la sfida toscana del consorzio in questo riconoscimento.

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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