Mer. Nov 13th, 2024

La follia della proibizione alla scienza  del Governo Lollobrigida-Meloni dimostrata sulla legge-volantino sulla carne coltivata, in realtà,  serve a gettare fumo negli occhi per chi in buona fede si batte per un cibo naturale, ma invece copre le magagne della grandissima zootecnia in mano a multinazionali ma anche  a tanti aderenti di associazioni di categoria che le rappresentano  diventate, non a caso,  fan di questo governo ben più di quello che erano di …tutti i governi passati… Mentre il cittadino poco pratico può capire,  dalla tv di regime, che si vuol tutelare la fiorentina o il pollo ruspante dell’allevatore di paese,  ha una brutta notizia invece  quando poi capisce che l’industria della carne riesce a mantenere i costi accettabili solo comprimendo i livelli di “naturalità “ degli allevamenti…. luoghi dove il benessere animale è chimera ma anche il gusto e il sapore per non dire di una salubrità certificata solo spingendo avanti certi parametri nei decenni…..Che sia una legge tutta chiacchiere e distintivo si evince dal fatto che che già in essa c’è l’impegno del Governo ad adeguarsi alle eventuali osservazioni della Commissione Europea che ha tra l’altro la potestà sulle cose che si possono vendere in un mercato unico dove, ricordiamolo,  l’Italia è regina dell’agroalimentare trasformato venduto a caro prezzo in tutti i paesi….Intanto i neri epigoni della sovranità alimentare, senza sapere cosa sia nessuna parola proferiscono contro certi allevamenti e quello che mettono in filiera….a loro piace il populismo spicciolo, mica la tutela di produzioni sostenibili e per quanto più possibili naturali? 

 

Viviamo un’epoca in cui per tanti fattori, demografici, ambientali etc, su scala globale il consumo di carne non potrà essere più la principale  fonte di proteine per tutti e sempre e quindi la scienza e la ricerca, anche quella dell’industria zootecnica  che sfila nei cortei progeverno, sta cercando alternative per differenziare, con più vegetali, con insetti etc…,  ma anche per non far costare  una bistecca come un’…aragosta… Ma allora dobbiamo dire addio a carne ? Nemmeno per sogno! Men che meno in Italia dove se ne mangia meno, per fortuna  e meglio, rispetto al resto del mondo occidentale,  ma in tutto il globo, da India a Usa, da progressisti a sovranisti, da dittature a democrazie, ci si sta adoperando per uno scenario difficile per le generazioni future, semmai dobbiamo differenziare  le proteine e soprattutto mangiarne meno e migliori. In Italia, dove il popolino è storicamente ignorante su cibo e vino ( e su cosa ci vuole per produrre e che impatto hanno) , che dovrebbero essere, invece, materia di studio  a scuola, si fa propaganda sul nulla, facendo una legge che proibisce qualcosa che non è in commercio ancora, scoraggiando la scienza, mentre il resto del mondo va avanti, nel plauso di chi difende magari polli allevati col…petto grande e zampe sempre più piccine…perchè il consumatore vuole sempre  e solo il …petto…… Cmq in tempi di pochi ragionamenti lunghi ..a ragionare profondamente ed in maniera propositiva è stata Slow Food, di cui pubblichiamo qui sotto il comunicato nazionale sul tema e che può aiutare il lettore che vuole approfondire a saperne di più. (ndr)

Carne coltivata. Nappini, Slow Food Italia:

«Non ridurre a battaglia ideologica un tema complesso, che ha a che fare con il sistema alimentare, il suolo, il paesaggio, la cultura del cibo e la sovranità alimentare»

«Il divieto alla produzione e vendita della carne coltivata secondo Slow Food non chiude la discussione: la apre» afferma Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia commentando il disegno di legge proposto dal governo e appena firmato dal presidente della Repubblica. «Non possiamo ridurre a battaglia ideologica un tema complesso, che ha a che fare con il sistema alimentare, il suolo, il paesaggio, la cultura del cibo e la sovranità alimentare. Non servono provvedimenti che vietino la produzione e la vendita di alimenti prodotti da colture cellulari o tessuti di animali come quello appena divenuto ufficialmente legge, ma informazioni corrette, che consentano a tutti di scegliere. Proibire è una scorciatoia. Serve un’analisi onesta, capace di accogliere la complessità».

 

Il cibo non è un carburante per far funzionare l’organismo, somma algebrica di proteine, grassi e carboidrati. Il cibo è prima di tutto espressione culturale, linguaggio. È parte integrante dell’identità dei popoli, frutto di saperi, tradizioni, innovazioni, scambi di conoscenza. Secondo Slow Food, il problema di un’eccessiva produzione di carne non si risolve passando dagli allevamenti intensivi ai laboratori, ma si affronta analizzando e modificando il modello che ha originato questa distorsione.

 

Un modello che ha trasformato l’agricoltura in industria e l’ha consegnata alla finanza, spezzando il suo legame con la terra e la natura, trasformando un’attività circolare (dove nulla era scarto) in un settore che produce più del 30% delle emissioni di CO2, inquina la terra e l’acqua, compromette la nostra salute. E fa tutto questo in nome di una popolazione in crescita da sfamare, nascondendo la verità di un cibo prodotto per essere in buona parte sprecato. «Oggi una manciata di multinazionali controlla quasi tutto: la produzione di semi, fertilizzanti chimici, pesticidi, mangimi, prodotti farmaceutici; la genetica animale, l’allevamento, la macellazione, la distribuzione; perfino le compagnie nautiche che trasportano mangimi e farine attraverso il globo» continua Nappini.

È sufficiente dare un’occhiata all’elenco dei finanziatori della ricerca sulla carne coltivata per capire quale sia la direzione: da Bill Gates a Sergey Brin di Amazon a Richard Branson della Virgin Group. Ma anche JBS, Cargill e Tyson Foods, ovvero le stesse multinazionali che controllano la filiera della carne. Di fatto, proprio chi è fra i principali responsabili della deriva attuale dell’allevamento – e ne detiene il controllo a livello globale -, ora che il settore inizia a intravedere minacce all’orizzonte investe sulla carne coltivata usando gli stessi strumenti e gli stessi schemi: brevetti e monopoli.

 

L’invito che lancia oggi Slow Food Italia è proprio su questo: «Vogliamo aprire una riflessione su un modello diverso di allevamento, che si ponga onestamente delle domande sull’accesso alle risorse naturali e sul diritto alla sovranità alimentare» conclude Nappini.

Quello su cui Slow Food lavora da anni attraverso i propri progetti: un modello che si ricolleghi al suolo, al foraggio dei prati stabili e dei pascoli, che tenga in considerazione l’etologia degli animali e la rispetti. Su regimi alimentari più equilibrati, che prevedano una riduzione del consumo di carne e un incremento dell’apporto proteico vegetale, tramite i preziosi legumi, che arricchiscono il suolo e richiedono poca acqua. Su un sistema alimentare che produca un’economia diffusa, salute, benessere; che generi bellezza e non deturpi il paesaggio; che tuteli la biodiversità; che contrasti lo spopolamento delle aree interne (il 70% del territorio italiano) sostenendo le piccole aziende che presidiano le terre alte e le preservano dal dissesto idrogeologico (aziende che continuano a chiudere a favore di stabilimenti di pianura sempre più grandi).

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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