Gio. Dic 25th, 2025

Tra i fiumi Sabato e Calore Montemiletto è da sempre uno dei comuni più vocati per la viticoltura irpina.  Posto nell’areale del Taurasi Docg è  anche luogo caratterizzato dalla tanta emigrazione verso i paesi del Nord Europa. Il mix di queste due caratteristiche sono le etichette dell’azienda vitivinicola Donna Elvira in contrada Grottoni.
Conoscere Tony Fink, il proprietario ci porta in un mondo di lavoro, meritato benessere fatto col sudore copioso nel senso letterale del termine, voglia di tornare e di lasciare qualcosa non solo ai propri figli ma alla terra avita, in modo particolare della mamma irpina  Elvira, sposa in Uk all’austriaco Fink e da qui svelato il mistero del  cognome che troviamo anche in una delle etichette.

Dagli intonaci delle abitazioni  nel periodo in cui nella Germania Est post ’89 si trovava dappertutto il cartello “ Baustelle” (lavori in corso)  al pregio della edilizia della zona di Cambridge, Tony portava la sua professionalità e la capacità di far crescere l’impresa superando non poche avversità e ristrettezze iniziali. Nella seconda parte della vita  torna in Irpinia per  far qualcosa di bello e grande e  come non farlo valorizzando la terra e la vigna?

Ecco che nasce Donna Elvira, dedicata tutta alla compianta madre. Non solo affetto ma tanta professionalità in cantina. Chi costruisce cose utili e produttive correttamente è persona umile e Tony sapeva che la vite non costituiva  il suo campo di specializzazione  e quindi spazio a reclutare tecnici in gamba.

Si curano dell’azienda l’enologo Arturo Erbaggio, tra i più attenti del settore alla sostenibilità ambientale in vigna e l’agronomo e direttore generale Mirco Colella. Con loro e con la presenza gioiosa di Tony facciamo un giro in vigna ed in cantina prima di approcciare alle bottiglie.

Si producono vini di qualità da monocultivar di territorio  con sistemi di produzione integrata nei  vigneti culla di importanti ricerche frutto non solo di partecipazione a bandi pubblici ma anche di investimenti diretti della famiglia Fink: si possono scorgere tra i filari, ad esempio, i sistemi di monitoraggio del progetto Progetto SCAE – Smart and Connected Agrifood Ecosystem, finanziato dal MISE per la digitalizzazione della filiera agroalimentare e anche quelle del progetto PNRR per l’ “Individuazione di una procedura per la gestione ottimizzata delle risorse idriche nei vigneti”, in collaborazione con il CNR.
Vigneti lasciati inerbiti in estate, difesa fitosanitaria al minimo negli appezzamenti in loco e in quelli di Lapio, Santa Paolina e Montefusco, alcuni  di questi si scorgono dalla veduta della cantina, un vero balcone sull’ Irpinia che spazia dal tricolle arianese a alla zona di Fontanarosa e Lapio. Proprio tra Lapio e Capriglia si ottengono le uve di Fiano per l’etichetta Fink che nella bella sala degustazione esaminiamo nelle 4 vendemmie di 19, 20, 21 e 22. E il 2021 a spiccare con decisa  verticalità e  didattica gestione dell’acidità,  mentre Erbaggio ci svela dell’ influsso del vicino bosco sulla vigna che produce non solo uva e poi vino ma soprattutto… Paesaggio. Per il Fiano di Avellino docg circa 4000 bottiglie prodotte in vasca per 1 anno su fecce fini e poi un altro anno in bottiglia, buon equilibrio tra i sentori di agrumi e sapidità.  Ancora Argillama con  sabbia tra Montefusco e Santa Paolina per il Greco “ Aegidus” con lo stesso affinamento del Fiano, anche qui la 2021 pare avere una marcia in più in quanto a freschezza e aromi.

Il terzo vino è Indikos, Aglianico per un Taurasi docg dai 400 mt di Grottoni di Montemiletto.  Dal 2028 al 2021 emerge  una 2019 fantastica al naso senza che possa deludere al palato, dalla  rotondità agevole per  una malolattica ottenuta solo in acciaio, larga è la  visione per tutti i terziari del Taurasi, forte la corposità come deve essere in un vestito equilibrato. Impossibile da sottacere l’accompagnamento alla degustazione con l’emozionante formaggio Carmasciano di Forgione e un sensazionale Patè di Fiori d’aglio di Mennillo, da approfondire con gusto. Anche altre referenze per Donna Elvira e botti piccole di rovere per il Campi Taurasini Entonos e l’aglianico Settemazze.

Una nota di domanda: Perchè nel logo c’è un’anfora Dressel? La risposta di Tony è che l’amore per l’Italia vista da Cambridge non poteva non parlare alla romanità, alla sua cultura del vino e quindi al contenitore più celebre e diffuso.

Per saperne di più https://donnaelvira.com/

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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