Mer. Apr 24th, 2024

Alla vigilia della presentazione dell’istanza per la registrazione, ai sensi del Regolamento UE n. 1151/2012, della denominazione di Indicazione Geografica Protetta (IGP) “Campania”, riservata agli oli extravergini di oliva prodotti in Campania, il Comitato promotore ha voluto incontrare, in una seduta pubblica, gli operatori della filiera, le organizzazioni di categoria e le istituzioni locali.

L’incontro si è svolto presso la sede dell’Assessorato regionale all’agricoltura a Napoli – Centro direzionale – che, da quando è nato il progetto (2016), non ha mai fatto mancare il proprio supporto all’iniziativa.

La proposta di IGP all’olio prodotto in Campania e proveniente da olive raccolte sull’intero territorio regionale, deve essere vista come strumento aggiuntivo ed inclusivo a disposizione dell’intera filiera e come un’opportunità in più per competere sui mercati internazionali.

Il marchio IGP, come sta avvenendo in altre regioni del Centro-Sud d’Italia, potrà agevolare anche la promozione delle 5 DOP campane, attraverso processi di accompagnamento funzionali alla crescente domanda di prodotto tipico di eccellenza, creando cioè sinergie e complementarietà di azione e di obiettivi. L’esempio dell’Aceto balsamico di Modena, con la Dop riservata al prodotto tradizionale e l’Igp utilizzata dal circuito agroindustriale è in tal senso emblematica, atteso che l’export della prima è aumentato esponenzialmente negli anni, frutto appunto dell’attività di promozione concertata.  

Il disciplinare di produzione dell’olio evo “Campania” prevede l’impiego delle olive appartenenti al ricco germoplasma autoctono campano, mentre l’olio, cui è riservata l’Igp, deve possedere caratteristiche di elevata qualità e specificità.

Il dossier che accompagnerà l’istanza di registrazione è ampio ed è il frutto della partecipazione di esperti e ricercatori del mondo accademico ai tre gruppi di lavoro che hanno coadiuvato in questi anni il Comitato promotore, i quali hanno contribuito ad indicare dati e parametri tecnici oggettivi sul prodotto da tutelare, frutto di studi analiti attendibili e rigorosi. Oltre alla relazione tecnica e alla relazione socio-economica, a corredo dell’istanza vi è anche una corposa relazione storica che, attraverso documenti, fonti letterarie, manoscritti, fatture commerciali, articoli di stampa, foto, riproduzioni ed altri reperti, è in grado di dimostrare l’antichissima reputazione della denominazione da ammettere a tutela.

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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