Gio. Mar 28th, 2024

Nei Manoscritti di Luigi Vanvitelli nell’archivio della Reggia di Caserta 1752 – 1773 a cura di Antonio Gianfrotta e riportato nel bel libro di Nando Astarita “ La Caserta dei Borbone”  troviamo tante notizie anche sulle cucine all’interno della Reggia di Caserta; appare chiaro che la venuta a corte di Maria Carolina sconvolse le abitudini anche alimentari, tra le ire malcelate del consorte Ferdinando che comunque si adeguava ai capricci della Regina. 

A Maria Carolina, tra le altre cose, non piaceva il pane napoletano che si produceva per la tavola reale, arrivando a chiamare  un apposito panettiere tedesco con i cui pani era cresciuta da bambina in Austria. Arrivò alla Reggia nel 1768 il panettiere Francesco Ignazio Hipman che dettò le diposizioni necessarie per un forno nel real palazzo, tutto ciò si tramutò in un real  dispaccio del 16 dicembre 1768 con il quale il re ordinò che si costruisse “un forno nel Real palazzo di Caserta per la regina Maria Carolina”. Il panettiere della Sovrana presentò un elaborato disegno che prevedeva tre ambienti, uno per il forno, un altro per la stufa e un terzo per sua abitazione e indicò gli utensili di cui aveva bisogno, tra i quali troviamo anche la conferma per la utilità della seta di San Leucio anche nell’artigianato alimentare: “… un contenitore di rame stagnato con coperchio per la conservazione del cricito, una madia chiusa con mascatura, una tavola gran- de di legno duro, due settelle di seta fina per cernere la farina, sei canne di tela per il pane, un letto fornito.”. 

Ricevuti gli ordini, Vanvitelli pensa di impiantare il forno nella camera sottostante all’abitazione dell’ebanista perché adatta ad accogliere “tutti i como- di richiesti”. Il forno è costruito, ma l’Hipman non è soddisfatto. Infatti dopo qualche anno, nel 1771, il fornaio chiederà che il forno sia trasferito in altro luogo, avanzando molte lamentele circa l’umidità dei sotterranei che aveva causato il deterioramento di alcuni tomoli di farina, fatto marcire la madia, e procurato malanni ad alcuni mozzi. Il capomastro Carlo Patturelli, investito della questione, comunicherà che gli inconvenienti lamentati dall’Hipman sono solo pretesti, perché in realtà il fornaio aspirava a farsi costruire un forno più grande per potervi cuocere una maggiore quantità di pane e poterlo vendere con guadagno personale…questo “contrabbando” fu simpaticamente rinfacciato, pare, da Ferdinando alla Regina, cui va comunque il merito storico di aver aggiornato e ampliato l’offerta culinaria della corte e del regno. 

Carlo Scatozza

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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